La cultura della Ferragni

Chiara Ferragni visita le Gallerie degli Uffizi e lo posta sul suo profilo Instagram: 20 milioni di follower.
Uffizi trend topic su Instagram e Twitter, 9.312 visitatori accorsi in Galleria tra venerdì e domenica scorsi ossia +27% rispetto al fine settimana precedente, quando erano stati 7.511. Di questi, quasi il 30% di ragazzi e bambini, anche questo dato in crescita rispetto al weekend prima.

Il giudizio è quella forma mentale che ha una crescita di intensità direttamente proporzionale alla concezione che abbiamo di noi: più siamo insicuri e più giudichiamo. Quando desideriamo poter fare noi una cosa pensando di esserne in grado, e invece ci riesce un altro, allora lì la disistima e la mancanza di percezione del nostro valore, ci appaiono in tutto il loro splendore, chiari. E, invece che lavorare su quelli e riconoscerli, ce la prendiamo violentemente con quello che crediamo esserne la causa scatenante: l’altro.

Il grado di professionalità nel suo lavoro che ha raggiunto Chiara Ferragni, non è una roba che si ottiene così, da un giorno all’altro metto una foto su Instagram e in 10 giorni ho 20 milioni di follower. Questa ragazza lavora da più di 10 anni su stessa, ha fondato un impero che dà lavoro a decine di persone ed ha creato il paradigma di riferimento del personal branding che tutti dovremmo prendere di esempio per la nostra professione, con le opportune modifiche ed adattamenti e con la consapevolezza del pubblico al quale ci rivolgiamo.

Ecco perché il passaggio della Ferragni agli Uffizi con annesse foto su Instagram, non è questione di cui scandalizzarsi ma parte di un linea strategica che magari qualche direttore artistico adottasse anche nella musica classica: in USA, la selezione degli influencer da invitare alle prime o ai concerti come forma di marketing e promozione è cosa normalissima, ed è una delle voci di budget, riconosciuta come produttiva e foriera di aumento engagement sui social e incremento vendita dei biglietti.

Quindi fatemi capire davvero dove sta il problema perché io non lo vedo: ma non c’è una crisi della cultura, ma non c’è una problematica di frequentazione dei musei e delle sale da concerto? E allora, visto che c’è, riportare l’attenzione ANCHE con una operazione del genere, è benedetto.

Se non ci sarà un investimento sul nuovo e sull’evoluzione, se non saranno menti illuminate, moderne, lungimiranti a predisporlo e se la musica classica non si adeguerà alle linee guida che sono state date per il rilancio del paese e quindi per l’ottenimento dei fondi pubblici, non si salverà nessuno. Nessuno.

E non sarà colpa della Ferragni.

Tiziana | 22 luglio 2020