
“Non ho nessun merito per il cognome che mi è capitato.”
Così mi rispose Emanuela Castelbarco Toscanini, nipote di Arturo e figlia di Wally, nel 2008, quando mi ritrovai presidente dell’orchestra che portava il nome di suo nonno, le dissi che ero onorata di conoscerla.
La Filarmonica Arturo Toscanini, fu fondata nel 2003 in seno alla Fondazione Toscanini di Parma ed era un progetto incredibilmente ambizioso. Sotto la guida di Lorin Maazel, che ne diventò direttore onorario, si riunirono per oltre 5 anni, alcuni dei migliori professori d’orchestra e solisti d’Europa in quella che era considerata un’orchestra al pari delle migliori orchestre al mondo.
Il mio ruolo era quello di spalla dei secondi violini e l’atmosfera era quella di un Grande Fratello della musica classica: nessuna certezza, mai, ogni concerto non sapevi se ci saresti stato quello dopo, dovevi garantire un livello altissimo, non sbagliare un passo, né in orchestra, né fuori, altrimenti la nomination arrivava e il rischio di abbandonare la “casa” era dietro l’angolo.
Maazel accettò l’incarico per l’enorme debito di riconoscenza che aveva nei confronti di Toscanini che gli fece dirigere la sua NBC a 11 anni: Dio ti benedica, gli disse, mettendo la mano in testa a questo bambino che quando saliva sul podio si trasformava. Ma accettò anche perché, inspiegabilmente (dopo invece capimmo ahimé benissimo), l’orchestra aveva cachet altissimi, sia per i direttori che per i musicisti. Essere chiamati era ambitissimo, per fama e per soldi, e l’orchestra si guadagnò il nome di Filarmonica del Paradiso.
Ma dal Paradiso all’Inferno purtroppo a volte è un attimo: una gestione finanziaria fallimentare portò nel 2008 ad una situazione di debito mostruoso e l’orchestra si ritrovò a un passo dalla chiusura, con grande gioia di chi non era mai stato chiamato. Io al tempo non ero su Facebook, ma mi raccontavano che c’era un movimento contro questa orchestra, per i criteri di selezione indecifrabili e per il fatto che faceva concorrenza alle orchestra stabili, rovinando il mercato.
E chi a quel punto poteva decidere di prendersi la responsabilità di portare avanti l’orchestra? Ho una predilezione per le sfide, che ci posso fare.
Serviva una grande direttore, avevamo Maazel. Serviva un grande agente, avevamo Proczynski. E serviva chi potesse autorizzarci a portare il nome Toscanini: avevamo Emanuela Castelbarco Toscanini. Diventammo amiche, ci sentivamo spesso al telefono, le chiesi aiuto: lei adorava l’orchestra, con la sua eleganza e la sua incredibile simpatia seguiva tantissime tournée ed era sempre al nostro fianco. Quando le chiesi di scrivermi qualche riga in cui, da erede, mi autorizzava a chiamare comunque l’orchestra Toscanini, anche se non eravamo più parte della Fondazione, invitò me e uno dei miei più cari amici, Cristiano, ad andare a trovarla a Manciano dove abitava: era il 2 aprile 2009, e passammo pomeriggio incredibile, fra ricordi, racconti, libri.
Scrisse di suo pugno due pagine di lettera, che conservo in una cartella nel mio studio come una reliquia, in cui autorizza me e la Symphonica Toscanini (così si chiamò per due anni l’orchestra) a “diffondere in tutto il mondo, attraverso la musica, il nome di mio nonno Arturo Toscanini.” Ahimé io la causa me la beccai comunque e dopo due anni e 15 concerti organizzati decisi di interrompere l’attività dell’orchestra perché la bancarotta della Lehman Brothers e la conseguente crisi del 2008/2009 portarono gli sponsor a fare un passo indietro.
Ma ciò non toglie che quelli siano stati anni di emozioni musicali ed umani che non dimenticherò mai. Ed anche quel pomeriggio con lei.
Non la sentivo da molto, ieri stavo facendo una ricerca ed ho trovato la notizia della sua scomparsa il 5 dicembre 2018: ho voluto raccontarvi il mio ricordo.
Cara, appassionata, irresistibile Emanuela.
Roma, 29 febbraio 2020
© Tiziana Tentoni
ps: il libro di Barblan nella foto me lo regalò prima di andare via quel pomeriggio.