POCHI CONCERTI

I musicisti si concentrano spesso sull’attività concertistica: ecco 5 motivi che sicuramente non sono la causa di un’agenda di concerti semivuota.
Uno dei problemi dei musicisti è che hanno sempre pochi concerti. Nonostante le entrate siano composte da varie attività (corsi di perfezionamento, masterclass, conferenze, consulenze, lezioni private, vendita CD e libri), quello a cui più spesso si guarda con frustrazione è l’avere poca attività concertistica. È del resto comprensibile, ciò che un musicista prova sul palco è un’emozione non replicabile e il vero motivo per il quale si intraprende questa professione.
Vediamo insieme 5 motivi che sicuramente NON. sono la causa dell’avere pochi concerti:
1. NON AVERE UN AGENTE: sembra un paradosso ma un agente non può lanciare la vostra carriera se non avete già concerti da portargli. E per un motivo: a meno che non prenda un fisso mensile, guadagna con le percentuali sui concerti dell’artista. Quindi, nessun concerto, nessun guadagno. E come si sostiene dunque? Un agente serve per gestire l’attività, per ampliarla, non per costruirla da zero. Prima di cercare un agente, chiedetevi cosa potete portare voi: se vi sembra consono, allora siete pronti.
2. NON ESSERE RACCOMANDATI: se è vero che molte persone che hanno sostegni significativi alle spalle riescono a fare una buona carriera, è altrettanto vero che moltissimi musicisti sono riusciti comunque ad avere successo senza santi in paradiso. Con qualità artistica, pazienza, coltivando le relazioni e guardando alla professione in maniera non solo richiedente ma dando un apporto concreto, anche con nuove idee. Crogiolarsi con la convinzione che se non avete spinte non riuscirete mai ad inserirvi nel mercato, è una perdita di energia e tempo, spostate lo sguardo su di voi.
3. NON ESSERE CAPITI: spesso la strada dell’interpretazione è fatta di ricerca e molto studio, anche della storia di altri interpreti. Chi fa così crea inevitabilmente uno stile poi suo, particolare, diverso. Se non si viene capiti, a volte è perché siamo noi i primi a comunicarlo male, anche per come ci poniamo e per quanto siamo noi convinti di ciò che facciamo. Come dico sempre, non è importante essere diversi dagli altri ma uguali a se stessi: siete sicuri che ciò che state facendo sia davvero ciò che volete? Se sì, allora dovete solo insistere.
4. NON SCENDERE A COMPROMESSI: ci sono molti modi di farsi valere. Uno è essere assertivi, che è molto diverso da essere aggressivi. Si può esprimere il proprio dissenso, o rifiutare cose che non ci piacciono o condizioni che riteniamo insufficienti, senza per forza far trasparire la collera ma restando fermi educatamente sulle proprie posizioni, cercando una mediazione. Dimostrare fermezza tanto da indurre l’altro ad iniziare una trattativa che condurrà ad un accordo condiviso: questo non vuol dire scendere a compromessi, questo è buon senso e professionalità.
5. NON FARE SCAMBI: dove per scambi si intende: io invito te al mio festival e tu inviti me, mia moglie, mio marito, mio figlio, mia figlia, gatto, cane, canarino, criceto, al tuo. Funziona, lo fanno in molti, funziona. Ma è un circuito chiuso, si resta nei confini della parrocchietta, non ha nulla a che vedere con le scelte artistiche e molto con quelle di opportunità. Se non avete un festival vostro non è vero che il numero di concerti non aumenterà: resterà invece sano, pulito, trasparente e si noterà. Forse la strada sarà più lenta ma tanto più di soddisfazione e integra. Anche perché poi sapete, si litiga eh, si rompono relazioni professionali che fanno saltare in aria stagioni intere a chi non sta ai patti. Davvero volete far dipendere così tanto la vostra attività solo da fallibili meccanismi relazionali?
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Leonard Bernstein era genio allo stato puro: sensibile, istrionico, carismatico, grande direttore ma anche grande pianista. Un omaggio a uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. ❤️