Artisti e agenzie

ARTISTI & AGENZIE

Quando le sale e i teatri riapriranno e l’attività concertistica ricomincerà ad essere programmata, sarà importante tenere in considerazione che niente sarà più come prima: così, tanto per tranquillizzarvi.

Il processo di trasformazione, in realtà, era iniziato già da anni: seppur snobbati dai più, il web e il digitale erano già lì seduti a guardare, coscienti che tanto, prima o poi, anche la musica classica avrebbe capito la portata enorme di opportunità che si portavano dietro.

Ora, in modo a dir poco traumatico, nell’ultimo anno tutti hanno compreso che questa necessità è diventata imprescindibile per qualsiasi artista che si ritenga un professionista della musica classica e che quindi, suonando, desideri guadagnare.

Fino a 15 anni fa l’attività concertistica di un professionista era determinata dalla presenza nei roster di un’agenzia artistica; e questo perché, non essendo ancora sufficientemente sviluppati come strumento di promozione i social media, era l’agente o l’impresario che, conoscendo le capacità dell’artista, garantiva la sua qualità e, attingendo alla sua rete di promotori, istituzioni e festival, vendeva i concerti sui quali prendeva una percentuale come compenso per il lavoro svolto. Faceva quello che ora definiremmo marketing e network insomma: con incontri, telefonate, viaggi, spedizione di CD.

Con il consolidamento dei social media, soprattutto negli ultimi 5 anni, man mano le cose sono iniziate a sfuggire di mano: sia agli artisti che agli agenti. Gli artisti meno famosi e non ancora inseriti nel mercato, hanno visto i concerti ogni anno implacabilmente diminuire; gli agenti invece sono passati dal seguire e costruire le carriere, a distribuire i concerti degli artisti già famosi, soprattutto stranieri. Perché all’estero, il riconoscimento del processo di crescita web e social come arricchimento del marketing e del network, era qualcosa che gli artisti avevano già cominciato molto prima che in Italia (come ti sbagli): e quindi vendere un artista straniero già molto famoso era enormemente più semplice perché i promotori, comprensibilmente in cerca di sale piene (anche perché sennò i soldi pubblici non arrivavano), erano molto più portati a scegliere il risultato certo piuttosto che scommettere.

Intendiamoci: sempre, da parte delle istituzioni c’è stato l’investimento sui giovani e quindi quello è sempre rimasto. Ma quando poi quel giovane diventava un po’ meno giovane e quindi la carta comunicativa efficace del giovane talento si esauriva, finivano anche i concerti.

Sono centinaia gli artisti di enorme portata artistica che si sono persi per questo, o che comunque non hanno avuto una carriera degna del loro livello strumentale: perché non hanno compreso che il mondo stava cambiando e che investire sulla loro identità web e social era imprescindibile.

Dovevano forse capirlo da soli e farlo, sì, possibile. Ma sarebbe stato invece compito delle agenzie che li seguivano metterli sulla strada: se solo lo avessero intuito pure loro in primis, e se solo avessero avuto più margini per chiederselo, piuttosto che iniziare a vendere i concerti solo degli artisti più famosi e con il cachet più alto per, più che comprensibilmente, portare avanti la loro attività.

Ecco quindi che si è formata una falange di artisti parcheggiati per anni e anni nelle liste delle agenzie ma che di concerti ne vedevano molto pochi, senza capire il perché e quindi lamentandosi, troppo e giustamente impegnati a studiare da non avere il tempo di alzare la testa e chiedersi cosa stava succedendo davvero.

La consacrazione del web e dei social come strumenti di promozione potentissima è ora sotto gli occhi di tutti: e né gli artisti né le agenzie possono ora anche solo immaginare di farne a meno, ovviamente se vogliono vedere crescere l’attività. Perché ora, chi vuole valutare un artista, non la fa affidandosi all’opinione di un agente: lo fa in 2 secondi e mezzo andando su Spotify ad ascoltare l’ultimo CD, lo fa andando sul sito di un artista e scoprendo come suona, vedendo come si pone scenicamente, che riscontro ha di pubblico sulle sue pagine social. Questi sono tutti elementi di valutazione lì, alla luce del sole, fruibili e giudicabili: da chiunque.

Terribile? Al contrario.

Questa è un’opportunità straordinaria di rendersi indipendenti dalle agenzie quali rabdomanti di concerti: anche perché, se il vostro sito web è scadente e se il clip che avete messo sui social è di cattiva qualità, anche se magari siete bravissimi, se pubblicate sulla vostra pagina poco, e male, senza costanza, impegno e linea editoriale, oppure troppo, senza criterio e mettendo sempre le stesse cose, nessun agente potrà mai riuscire a trovarvi concerti. Potrà al massimo definire 2/3 date se si mette a pregare un promotore: ma sarà impossibile lavorare su una strategia a medio/lungo termine, quella che davvero determina una carriera solida e strutturata.

Con questo non intendo (già sento le urla degli agenti che leggono) che le agenzie non servano, altroché!

Servono per gestire i concerti: perché, vi assicuro, dietro un concerto c’è un lavoro immenso che difficilmente è comprensibile se non si fa questo mestiere: la trattativa sul cachet, il contratto con i termini di pagamento a tutela, la logistica, la promozione, la protezione dell’immagine dell’artista.

Servono per studiare una strategia web e social in relazione al collocamento su mercato: è inutile credo dire che l’ennesimo duo violino e pianoforte che fa Franck o 3 di Brahms, a meno che non abbia nomi altisonanti o non sia under 23, è impossibile da inserire nelle stagioni che sempre di più chiedono progetti nuovi, coinvolgenti, innovativi anche come messa in scena.

Servono per orientare l’artista sulle nuove frontiere del digitale man mano che cambiano e si arricchiscono: perché hanno ora il dovere di tenersi super aggiornati o almeno di appoggiarsi a qualcuno che lo sia, per offrire agli artisti un’attenzione mirata al tempo che stiamo vivendo e agli scenari che mutano praticamente ogni settimana.

Servono a mantenere la presenza costante e di qualità sui social: perché se si pubblica per un mese e poi si smette per 6, nessuno saprà più chi siete, la pagina perderà di reputazione e non girerà più; e ci vorranno altri 6 mesi di continue pubblicazioni e di alta qualità contenutistica per riprendersi.

Insomma, tutto è cambiato, per ritornare da dove avevo iniziato.

C’è da rimboccarsi le maniche e tirare fuori la considerazione che si ha di se stessi: se non credete voi in ciò che fate e in ciò che siete, nessuno lo farà al posto vostro. Parola.